Mille grazie a tutti i partecipanti che hanno reso un grande successo lo European Pellet Forum del 18 gennaio 2023 a Graz (Austria) – la prima edizione di questa nuova serie di eventi.
2022: un anno ricco di eventi per le associazioni nazionali del pellet
Gilles Gauthier (Hawkins Wright) ha presentato gli sviluppi del mercato del pellet industriale e domestico. Il 2022 è stato caratterizzato da una volatilità senza precedenti nei mercati dell’energia e questo ha avuto un impatto significativo anche sul mercato del pellet. Sorprendente che la domanda di pellet industriale sia stata in realtà inferiore al previsto di ben 1,5-2 milioni di tonnellate nel 2022, cosa che potrebbe spiegare il crollo autunnale dei prezzi. In precedenza, infatti, i prezzi erano alle stelle a causa dei timori di una disponibilità insufficiente di materiale, come conseguenza del divieto d’importazione da Russia e Bielorussia. Rilevante anche che entro il 2025 il Giappone dovrebbe diventare il più grande consumatore di pellet al mondo, alla luce di un uso industriale in forte espansione.
Branko Glavonjic (Università di Belgrado) ha presentato una panoramica della situazione dell’industria del pellet nell’Europa sud-orientale. La Serbia è il principale produttore di pellet nella regione; la produzione di pellet certificato è in continuo aumento. Anche le esportazioni sono in aumento, così come la domanda interna. Per questo motivo, i prezzi per il riscaldamento erano in forte aumento durante la crisi energetica (più che raddoppiati), fino a quando nell’estate 2022 il Governo non è intervenuto per calmierare i prezzi sul mercato interno.
Christian Rakos (proPellets Austria) si è concentrato sulle attività del 2022 e sulle sfide del 2023. Ad esempio, è stata istituita una “hotline” telefonica per rassicurare la popolazione e contrastare la carenza di pellet. Nella primavera del 2023 verrà lanciata una campagna d’immagine per risollevare l’immagine del settore, per comunicare dati e stime e per presentare il pellet come una buona alternativa ai combustibili fossili.
Nella tavola rotonda successiva, cinque rappresentanti di altrettante associazioni nazionali del pellet (Italia, Germania, Francia, Polonia e Spagna) si sono confrontati sulle rispettive visioni della situazione europea. In Francia, ad esempio, nel 2022 i clienti hanno acquistato i loro pellet molto prima rispetto agli anni precedenti, mentre in Germania l’aumento dei prezzi è stato il risultato della corsa frenetica all’acquisto di pellet. La comune convinzione è che i prezzi torneranno presto a stabilizzarsi.
Sfide a livello politico e di comunicazione
Irene di Padova (Bioenergy Europe) ha offerto un resoconto completo dello stato attuale delle negoziazioni sulla Direttiva europea sulle energie rinnovabili (RED III). Di particolare importanza è la definizione di “biomassa legnosa primaria” perché è in grado di influenzare fortemente lo sviluppo dell’industria del pellet. È positivo che diversi Paesi come la Francia, la Spagna, l’Italia e i paesi nordici e scandinavi siano contrari all’attuale definizione di biomassa legnosa primaria.
Yana Kravtsova (Enviva) ha affrontato il tema le sfide di comunicazione del settore, richiamando l’esistenza di campagne professionali e molto ben finanziate che mirano a indebolire l’immagine della biomassa e dell’uso delle foreste – risultati che in parte riescono a ottenere e che devono essere contrastati dalla comunicazione del settore.
Approfondimenti dall’industria
Diversi rappresentanti di aziende di trading hanno spiegato la situazione dal loro punto di vista. I temi ricorrenti sono stati l’affidabilità delle consegne, la buona comunicazione e la fiducia del mercato.
Lars Bloch (Andritz Group), importante fornitore di attrezzature per la produzione di pellet, ha riferito di prevedere un grande sviluppo della nuova produzione di pellet, soprattutto in Asia, in Nord America e, in misura minore, in Sud America. Ha anche segnalato un mercato in crescita per il pellet da sottoprodotti agricoli e un grande potenziale di sviluppo nel mercato africano. Gli attuali prezzi elevati del pellet non hanno avuto un impatto significativo sul numero di nuovi progetti. È stato anche osservato come le banche considerino rischiosi i mercati volatili.
Stefan Ortner (ÖkoFEN), importante produttore di caldaie a pellet, ha riferito che in 2 anni la sua azienda è stata in grado di aumentare le vendite di un fattore 3,5. Tuttavia, il picco dei prezzi ha portato a un temporaneo crollo delle vendite e la grande domanda è se e quanto presto le vendite si riprenderanno. Il potenziale è ancora enorme: il futuro sta nelle pompe di calore e nelle biomasse, al contrario di petrolio e gas. Ortner si è anche concentrato sugli “insegnamenti appresi” dall’industria: bisogna adottare una comunicazione che eviti il panico e, in questo senso, i commercianti di pellet hanno una grande responsabilità nei confronti dei clienti finali. Per riconquistare la fiducia dei clienti sarebbe opportuno incrementare i livelli di stoccaggio del pellet e i prezzi dovrebbero tornare a livelli normali il prima possibile.
Marco Palazzetti (Gruppo Palazzetti), uno dei principali produttori italiani di stufe a pellet e stufe a legna, ha riferito che il forte aumento del prezzo del pellet nel 2022 ha portato a reazioni diverse. In Italia, le vendite di stufe a pellet sono diminuite rapidamente ma sono aumentate le vendite di stufe a legna; in Germania sono diminuite sia le vendite di stufe a pellet sia quelle di stufe a legna. I dati di utilizzo delle stufe mostrano che tra settembre e dicembre 2022, rispetto allo stesso periodo del 2021, la domanda di pellet è diminuita del 26% in Francia, del 18% in Germania e del 34% in Italia. Sebbene una parte considerevole di questo calo sia correlata alle temperature miti del periodo, anche il minore utilizzo legato ai prezzi elevati ha sicuramente giocato un ruolo importante. La conclusione di Palazzetti è stata: “Se questo è stato un test di maturità del nostro settore, abbiamo fallito!”.
Helmut Schellinger (Schellinger KG), produttore di pellet, si è mostrato un po’ più ottimista di altri, affermando di ritenere che il settore abbia ottenuto buoni risultati in relazione alle circostanze straordinarie del 2022. Tuttavia, così come altri, anche Schellinger vede un grande bisogno di garantire che la situazione del 2022 non si ripeta nel breve futuro e che l’affidabilità sia la risorsa più importante che deve essere mantenuta agli occhi del consumatore. Rimane ottimista sul fatto che il 2023 vedrà una ripresa dei mercati del pellet a causa dei prezzi elevati dei combustibili fossili, della sufficiente disponibilità di materia prima e dell’installazione di ulteriori impianti.
Michael Christensen (CM Biomass), importante società di trading attiva nel commercio di pellet sia per uso industriale sia residenziale, ha proposto conclusioni ottimistiche, sottolineando che c’è sempre stato abbastanza pellet a disposizione, e sempre ci sarà. Ha aggiunto che l’industria deve essere preparata a un aumento della volatilità del mercato. Il pellet è stato un vettore energetico a buon mercato per 10 anni prima della crisi e con ogni probabilità il prezzo si stabilizzerà nuovamente, con una ulteriore riduzione del prezzo quando le scorte dell’anno scorso saranno esaurite e anche grazie al più recente calo dei prezzi del pellet industriale.
Voci della scienza
Il prof. Michael Obersteiner (Università di Oxford) ha spiegato che le argomentazioni contro l’uso della bioenergia secondo cui essa sarebbe dannosa per il clima trovano spesso spazio nei media ma non riflettono la reale conoscenza scientifica. Il costo-opportunità rispetto alle emissioni carboniche sta nel fatto che il ricorso alla biomassa porta maggiori benefici climatici rispetto allo scenario che prevede la libera evoluzione delle foreste. Secondo Obersteiner c’è bisogno di un impegno comune per l’abbattimento del carbonio per dare impulso alle tecnologie che generano emissioni di carbonio negative: queste si baseranno anche sull’utilizzo di bioenergia e sulla cattura e sullo stoccaggio delle emissioni di CO2.
Il Prof. Hubert Röder (Università di Weihenstephan-Triesdorf) ha presentato i risultati di un recente studio che giungono a conclusioni simili a quelle del Prof. Obersteiner. Secondo lo studio, il miglior risultato in termini di benefici climatici può essere raggiunto attraverso la rapida conversione di foreste di conifere in foreste miste. Le monocolture prevalenti di conifere non possono resistere ai cambiamenti climatici e sono facilmente attaccate dai patogeni (es. pullulazioni d’insetti). La conversione di queste foreste in foreste miste si tradurrebbe in una maggiore fornitura sia di legno per l’edilizia, sia di residui della silvicoltura e della lavorazione del legno che possono essere utilizzati a fini energetici. Tali residui potrebbero fornire una quantità di energia pari a un terzo delle importazioni europee di gas naturale. Complessivamente, valorizzando questi residui a fini energetici, entro il 2050 si potrebbero risparmiare cumulativamente più di 7 gigatonnellate di emissioni di CO2. La conversione delle monocolture in foreste miste andrebbe a beneficio anche della biodiversità. Nel caso delle foreste decidue europee, i maggiori benefici climatici si otterrebbero invece con una riduzione dei tassi di prelievo. Tuttavia, non esiste una regola unica per l’intera Europa poiché i tipi forestali sono molto diversi tra loro e questa diversità andrebbe opportunamente considerata nel calcolo degli scenari di utilizzo.